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LA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE STATUNITENSE: YULHMA V. BALDERAS ORTIZ.

LA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE STATUNITENSE  

di Avv. Yulhma V. Balderas Ortiz
Dottore di ricerca in Diritto pubblico, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Il più antico e importante esempio di giustizia costituzionale [1]stricto sensu intesa – del mondo, si fa risalire a quanto accaduto all’inizio del XIX secolo negli Stati Uniti d’America, infatti, il principale modello di riferimento di una forma di controllo di costituzionalità delle leggi tramite un organo giudiziario, sorge in questo Paese, come conseguenza dei principi di rigidità[2] e supremazia della Costituzione. Per tali motivi, la Carta costituzionale statunitense ha rappresentato l’archetipo delle cosiddette costituzioni rigide, contrapposte alle costituzioni flessibili, ossia l’archetipo di quelle costituzioni che non possono essere modificate o derogate, tramite le leggi ordinarie ma, in ogni caso, tramite le procedure proprie del controllo costituzionale [3].

Il controllo giudiziario delle leggi nordamericano, deriva dell’esistenza del sistema giuridico delle colonie americane precedenti all’indipendenza [4], in cui nessuna legge delle colonie[5] era in grado di contravvenire le Carte o gli Statuti inglesi [6], – pena – la dichiarazione della nullità delle prime, così come accadeva nella common law [7] in cui si attuava un esame per adattare le leggi alle norme tradizionali.

Per tali motivi, la sua struttura federale [8] favorì l’esito giudiziario delle leggi dalle assidue antinomie tra leggi statali e leggi federali e validò un sistema costituzionale liberale, fondato su una costituzione rigida e suprema, che sarebbe chiaramente istituito nella celebre sentenza del giudice John Marshall nel caso di Marbury v. Madison nel 1803 [9].

La sentenza del giudice Marshall muove da due proposizioni alternative: o la costituzione è legge suprema immodificabile con i mezzi ordinari, e allora la legge contraria alla costituzione non è una legge, oppure la costituzione è allo stesso livello delle leggi ordinarie e, come queste, è modificabile ogniqualvolta piaccia al legislatore. Se fosse vera questa seconda proposizione, le costituzioni scritte rappresenterebbero un assurdo tentativo per limitare un potere per sua natura illimitabile; ma siccome certamente gli artefici della costituzione hanno ritenuto di elaborare la legge fondamentale e suprema della nazione, la conseguenza non può che essere quella per cui un atto del potere legislativo che contrasti con la costituzione sono da considerarsi nullo. La conclusione è il logico corollario di questo ragionamento: il giudice che si trovi a dover scegliere tra l’applicazione della legge con conseguente disapplicazione della costituzione e l’applicazione di quest’ultima con conseguente disapplicazione della prima, può scegliere soltanto la seconda strada, che è l’unica compatibile con i principi enunciati.

Come si può vedere, in questa sentenza giocano un ruolo fondamentale, i principi di rigidità e di supremazia costituzionale[10], poiché, è nella cornice delle costituzioni rigide che si contraddistingue perfettamente tra norme costituzionali e norme ordinarie, e si consacra definitivamente il principio della supremazia costituzionale. Ovvero, la costituzione è lex superior ed è per questo, che nell’ipotesi di conflitto normativo tra le sue disposizioni e i precetti giuridici di rango inferiore, deve prevalere in ogni caso il criterio costituzionale.

Inoltre, è per via di interpretazione che è affermata l’esistenza del potere del giudice di controllare la costituzionalità delle leggi; ciò non ne sminuisce l’importanza, ma anzi ne esalta la valenza di principio informatore l’attività istituzionale di ciascun organo giurisdizionale – all’interno della quale l’applicazione delle norme ai casi di specie non può essere disgiunta dalla valutazione della legittimità costituzionale delle norme medesime – e dà fondamento al carattere diffuso[11] dello judicial review [12] of legislation [13]: l’enunciazione contenuta in Marbury v. Madison [14] (poi estesa alla sindacabilità delle leggi degli Stati membri della Federazione con la decisione McCulloch v. Maryland, nel 1819 [15]) è dotata, infatti, di una formidabile capacità espansiva, abilitando ogni giudice federale statale a esercitare il controllo, slegato com’è dalle competenze peculiari della Corte Suprema e viceversa coessenziale e intimamente compenetrato ai compiti di una qualsiasi delle courts, quelle già esistenti e quelle che risarebbero poi state istituite dal Congresso.

Un’eventuale dichiaratoria di nullità della legge produce i suoi effetti immediatamente nel giudizio in cui il dubbio di costituzionalità è sorto – nel senso che il giudice dovrà necessariamente disapplicare la legge con riferimento al caso di specie – e può altresì retroagire, influendo così su altri rapporti giuridici controversi, nei limiti però del principio stare decisis, e quindi nei limiti del carattere persuasivo che il precedente giudiziario possiede nel sistema giudiziario statunitense.

[1]Cfr. M. CAPPELLETTI, El Control Judicial de la Constitucionalidad de las Leyes en el Derecho Comparado, cit., pp. 19 ss.

[2]Su questo aspetto v. lo studio di C. CHIMENTI, Noi e gli altri. Compendio di diritto Costituzionale italiano e di elementi comparativi, Volume II. (Sintesi di ordinamenti stranieri. Parte I – Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania), Giappichelli, Torino, 2000, p. 35.

[3]V. M. CAPPELLETTI, Il controllo giudiziario di costituzionalità delle leggi nel diritto comparato, trad. sp. a cura di C. GÓMEZ LARA, H. FIX-ZAMUDIO, Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM), Messico, p. 19; M. COMBA, Gli Stati Uniti d’America, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI, Diritto costituzionale comparato, cit., pp. 127 ss.

[4]V., J. A. GRANT, El control jurisdiccional de la constitucionalidad de las leyes. Una contribución de las Américas a la Ciencia Política, Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM), Messico, 1963, pp. 29 ss.

[5]Il sistema americano di controllo giudiziario della costituzionalità delle leggi, è l’esito dei precedenti sistemi inglesi. Un precedente si osserva nel sistema giuridico vigente nelle Colonie Americane prima della loro indipendenza, e molto prima anche, in altri luoghi autorizzata dalle Carte o dagli Statuti a darsi le proprie norme, sempre che queste ultime, non fossero in opposizione alle prime, e con l’avvertenza che nell’ipotesi che esistesse un’antinomia, i giudici non dovevano applicare la legge americana, ma, riaffermare la supremazia del Parlamento Inglese e delle sue norme. Un esempio del funzionamento di questo modello coloniale, si osserva nel caso Wintrhop v Lechmere, deciso in appello dal Consiglio Privato del Re Kings Privy Council nel 1727, nel quale, secondo quando racconta James Grant, una legge del Connecticut del 1699, disponeva che nella distribuzione delle proprietà delle persone che morivano senza lasciare testamento, il figlio maggiore doveva riceve in eredità una parte doppia e che tutti gli altri figli, dovevano riceve la rimanente eredità suddivisa in parti uguali. Nel caso specifico, il Generale Wintrhop padre, morì senza lasciare testamento nel 1717, con un numero consistente di beni di sua proprietà nel Connecticut con due gli eredi legittimi, il figlio di nome Giovanni e la figlia di nome Ana, (moglie di Tomás Lechmere). Il figlio reclamava tutti i beni, adducendo tale diritto nei termini della legge comune dell’Inghilterra, d’altra parte, Tomás Lechmere, in nome di sua moglie, pretendeva una terza parte, giustificando tale diritto nei termini della legge del Connecticut. Il Tribunale coloniale si pronunciò in favore di quest’ultimo, ma Giovanni, Winthrop ricorse in appello al Consiglio Privato, ottenendo la revoca di questa sentenza. La Carta del Connecticut disponeva che la colonia poteva approvare leggi sane e ragionevoli che non fossero contrarie alle leggi del Regno di Inghilterra. Il Consiglio Privato accolse l’argomento di Giovanni, Wintrhop, perché, una volta che la legge dell’Inghilterra statuiva la primogenitura, la legge del Connecticut non era consentita dalla Carta. Per questo motivo, la risoluzione stabilì che la legge del 1699 era completamente nulla – null and void -, per cui non era autorizzata dalla Carta di quella Colonia, e di conseguenza senza alcuna forza ed effetto, e quindi, la sentenza del Tribunale coloniale, che attribuiva una terza parte delle proprietà alla figlia, fu in seguito annullata e, tutta la proprietà fu aggiudicata al figlio maschio. Di quanto è stato riferito, si possono osservare due cenni che sono diventati principi basilari nella legge costituzionale americana: 1) ogni legge opposta a una legge fondamentale oggi, la Costituzione, nel caso specifico la Carta della Colonia è nulla; 2) è dovere di ogni Corte, incluse le Corti di primo grado, di rifiutarsi di applicare tali leggi, e nell’ipotesi in cui queste fossero applicate le relative pronunce saranno dichiarate nulle in appello. Conseguentemente, dieci anni dopo fu introdotto un terzo principio, relativo all’esito giudiziario in un caso determinato è definitivo, ma, unicamente rispetto alle parti nella litis, giacché nel 1737 la Colonia del Massachusetts appellò un caso simile davanti al Consiglio Privato, ma, anche nel caso specifico siffatta colonia aveva uno statuto identico a quello del Connecticut. Con il Consiglio Privato decise che la legge del Massachusetts era legittima perché non era in opposizione con alcuna legge inglese vigente nella colonia. In sintesi, ci troviamo davanti al principio di supremazia costituzionale, al controllo diffuso e, all’effetto inter partes. Infine, e da rilevare che nel 1776 con l’indipendenza delle colonie americane dall’Inghilterra, i nuovi Stati preservarono la consuetudine di controllare l’adattamento delle leggi, ma non in base alle Carte o agli Statuti della Corona, ma riguardo alle proprie Costituzioni.

[6]Sul argomento v. C. CHIMENTI, Noi e gli altri. Compendio di diritto Costituzionale italiano e di elementi comparativi, Vol. II. (Sintesi di ordinamenti stranieri. Parte I – Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania.), cit., pp. 3 ss; P. RIDOLA, Preistoria, origini e vicende del costituzionalismo, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI, Diritto costituzionale comparato, cit. pp. 30 ss.

[7]Sul Common Law v. A. PIZZORUSSO, Le sentenze dei giudici costituzionali tra diritto giurisprudenziale e diritto legislativo. L’assetto delle fonti del diritto e dell’ordinamento giurisdizionale come criterio di differenziazione dei sistemi di civil law da quelli di common law, nell’opera, Ciencia del Derecho Procesal Constitucional, Estudios en homenaje a Fix-Zamudio Héctor, en sus cinquenta años como investigador del derecho, Tomo V, relativo al Giudice e la sentenza costituzionale, cit., pp. 549 ss; P. CARETTI, U. DE SIERVO, Istituzioni di Diritto Pubblico, Ottava Edizione, Giappichelli, Torino, 2006, p. 13; C. CHIMENTI, Noi e gli altri. Compendio di diritto Costituzionale italiano e di elementi comparativi, Vol. II. (Sintesi di ordinamenti stranieri. Parte I – Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania), cit., p. 4; J. D. MEADOR, Los Tribunales de los Estados Unidos, Pereznieto Editores, Stato del Messico, pp. 4 ss; M. COMBA, Gli Stati Uniti d’America, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI, Diritto costituzionale comparato, cit., pp. 154 ss; G. F. FERRARI, Civil law e Common law aspetti pubblicistici; F. PALERMO, La produzione giuridica e i sistemi delle fonti, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI, Diritto costituzionale comparato, cit., pp. 826 ss.

[8]Sulla forma di Stato Cfr. M. COMBA, Gli Stati Uniti d’America, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI, Diritto costituzionale comparato, cit., pp. 131 ss.

[9]Per un esame della celebre sentenza del Giudice Marshall, Marbury v. Madison del 1803 v. L. PEGORARO, A. REPOSO, A. RINELLA, R. SCARCIGLIA, M. VOLPI, Diritto Costituzionale e Pubblico, cit., p. 417; R. BIN, G. PITRUZZELLA, Diritto Pubblico, cit., pp. 470 ss; R. BIN, Capire la Costituzione, cit., pp. 25 ss; P. E. REYES REYES, La Acción de Inconstitucionalidad, Oxford, Messico, 2000, pp. 92 ss; J. DÍAZ ROMERO, Los Tribunales Constitucionales y la Suprema Corte de Justicia de la Nación, nell’opera, Ciencia del Derecho Procesal Constitucional, Estudios en homenaje a Fix-Zamudio Héctor, en sus cinquenta años como investigador del derecho, Tomo II, relativo ai Tribunali Costituzionali e democrazia, cit., pp. 172 ss; P. COSTANZO, Codice di giustizia costituzionale, Giappichelli, Torino, 1996, pp. 418 ss; A. CELOTTO, La Corte costituzionale, Il Mulino, Bologna, 2004, pp. 10 ss; A. GOZAÍNI, OSVALDO, La justicia constitucional, De palma, Buenos Aires, 1997, pp. 29 ss; A. GOZAÍNI, OSVALDO, El derecho procesal constitucional, como ciencia, alcance y contenidos, nell’opera, Ciencia del Derecho Procesal Constitucional, Estudios en homenaje a Fix-Zamudio Héctor, en sus cinquenta años como investigador del derecho, Tomo I, relativo alla Teoria Generale del Diritto Processuale Costituzionale, cit., pp. 741 ss; P. RIDOLA, Preistoria, origini e vicende del costituzionalismo, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI, Diritto costituzionale comparato, cit., pp. 37 ss; A. SPERTI, Corti Supreme e conflitti tra poteri, Spunti per un confronto Italia-USA, sugli strumenti e le tecniche di giudizio del giudice costituzionale, Giappichelli, Torino, 2005, pp. 23 ss; M. EINAUDI, Le origini dottrinali e storiche del controllo giudiziario di costituzionalità delle leggi negli Stati Uniti d’America, Torino, 1931.

[10]Il testo dell’articolo VI, clausola 2, della Costituzione Federale del 1787, [La riferita clausola di supremazia stabilisce: Questa Costituzione e le leggi che si realizzino in proseguimento della stessa, ed anche tutti i trattati celebrati o che si realizzino nel futuro sotto l’autorità degli Stati Uniti, saranno Legge Suprema del paese, e per cui i giudici ed ogni Stato saranno obbligati a regolarsi in termini di essa nonostante qualsiasi cosa in contrario della Costituzione o delle leggi di qualunque Stato.] fu considerato dal Chief Justice del Tribunale Supremo, John Marshall, nel 1803, nella celebre sentenza di Marbury v. Madison. Il principio di supremazia della costituzione su ogni tipo di legge, sia di quelle federali che di quelle statali, con il rispettivo vincolo dei Tribunali a non osservare le leggi ad essa opposte, dette avvio al sistema della judicial review, denominato anche controllo giudiziario, controllo diffuso e controllo americano della costituzionalità delle leggi.

[11]V. A. CELOTTO, La Corte costituzionale, cit., pp. 11 ss.

[12]Per un esame sulla judicial review: P. CHIRULLI, Attività amministrativa e sindacato giurisdizionale in Gran Bretagna, dal locus standi alla justiciability, Giappichelli, Torino, 1996, pp. 15 ss; L. PEGORARO, A. REPOSO, A. RINELLA, R. SCARCIGLIA, M. VOLPI, Diritto Costituzionale e Pubblico, cit., p. 420; E. FERRER MAC-GREGOR, Los Tribunales Constitucionales y la Suprema Corte de Justicia de la Nación, Derecho Procesal Constitucional. Colegio de Secretarios de la Suprema Corte de Justicia de la Nación, A.C., Miguel Ángel Porrúa, Messico, 2001. pp. 67 ss; E. FERRER MAC-GREGOR, La Acción Constitucional de Amparo en México y España, Miguel Ángel Porrúa, Messico 2000. pp. XXXV ss; M. SHAPIRO, Judicial Review global, nell’opera, Ciencia del Derecho Procesal Constitucional, Estudios en homenaje a Fix-Zamudio Héctor, en sus cinquenta años como investigador del derecho, Tomo I, relativo alla Teoria Generale del Diritto Processuale Costituzionale, cit., pp. 889 ss; M. COMBA, Gli Stati Uniti d’America, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI, Diritto costituzionale comparato, cit., pp. 151 ss; SPERTI, Corti Supreme e conflitti tra poteri, Spunti per un confronto Italia-USA, sugli strumenti e le tecniche di giudizio del giudice costituzionale, cit., pp. 20 ss.

[13]È da rilevare che la judicial review of legislation, concepita come controllo di costituzionalità delle leggi tramite gli organi giurisdizionali, non è stata formalizzata nell’articolato costituzionale della Costituzione Federale del 1787, perfino quando tale circostanza fu analizzata nella Convenzione Costituzionale, come è possibile riscontrare nelle celebri annotazioni alla Costituzione da parte di Hamilton nel Madison y Jay, pubblicati inizialmente in tre quotidiani della Città di New York, ed in seguito raccolti in formato libro con il titolo “Il Federalista”. L’importanza di queste annotazioni fu assai rilevante, come lo ricorda Pritchett, Herman, C., nel riferire che il giudice John Marshall nella celebre sentenza del caso Marbury v. Madison del 1803, in cui si stabilisce il concetto di Costituzione come una realtà normativa e come una Legge Suprema reale ed effettiva, che racchiude norme direttamente attuabili, sia sugli organi dello Stato, che su ogni individuo, rappresenta la prima applicazione storica del sistema del judicial review, che avrebbe citato come fondamento il contenuto dell’articolo LXXVIII, del “Federalista”. V., HAMILTON, Alexander, articolo LXXVIII del Federalista, cit., pp. 330 ss; v., inoltre i passaggi salienti riguardo alle pubblicazioni di HAMILTON, MADISON Y JAY, in New York, in C. CHIMENTI, Noi e gli altri. Compendio di diritto Costituzionale italiano e di elementi comparativi, Vol. II. (Sintesi di ordinamenti stranieri. Parte I – Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania, cit., p. 38); v. anche HAMILTON, A., MADISON, J. y JAY, J., El Federalista, Fondo de Cultura Económica, Messico, 1997, pp. 322 ss; S. DAY O’CONNOR, giudice costituzionale della Corte Suprema degli Stati Uniti, La Importancia de la independencia judicial, negli Atti del Forum Giudiziario, in www.usembassy-mexico.gov, www.supremecourtus.gov; H. C. PRITCHETT, La Constitución Americana, Tipográfica Argentina, Buenos Aires, 1965, p. 191; A. CERRI, Corso di Giustizia Costituzionale, Quinta Edizione, Giuffrè, Milano, 2008, p.19; A. DEMMIG ANZON, I poteri delle regioni. Lo sviluppo attuale del secondo regionalismo, cit., pp.13 ss; A. CELOTTO, La Corte costituzionale, cit., pp. 10 ss; M. S. CICCONETTI, Lezioni di Giustizia Costituzionale, Terza Edizione, Giappichelli, Torino, 2006, pp. 6 ss.

[14]Nel caso di Marbury v. Madison, il Chief Justice Marshall considerò che le facoltà del Congresso sarebbero state definite dal testo della Costituzione, ed è per questo che a nulla sarebbe servito che la Norma Suprema delimitasse le diverse branche del Potere, se il Congresso, avesse potuto approvare leggi contrarie alla Costituzione. Per questa ragione, John Marshall, si interrogava sul se i Tribunali dovessero osservare ed applicare tali norme. La risposta doveva essere negativa poiché il compito degli organi giurisdizionali doveva consistere precisamente nel dire che cosa è conforme alla legge e che cosa non lo è, ovvero perché una legge contraria alla Costituzione non è legge, per cui i tribunali non sono tenuti ad osservarla, e addirittura il loro dovere è quello di riaffermare la Costituzione come Legge Suprema del paese, di fronte a qualsiasi tentativo contro il Congresso. Questa e non altra, affermerebbe John Marshall, è l’essenza della funzione giudiziaria. Invero, nella sentenza Marbury v. Madison, il giudice John Marshall, motivava il controllo di costituzionalità delle leggi dei Tribunali giudiziari, come nell’apprezzamento della Costituzione come norma superiore dell’ordinamento, alla quale questi si dovevano assoggettare necessariamente, e, come una realtà normativa che conteneva norme che erano direttamente applicabili ad ogni individuo ed ogni organo dello Stato. Al fine di salvaguardare la supremazia della Costituzione, la garanzia più equa, era senza dubbio quella, secondo cui tutti gli organi del Potere Giudiziario potevano attivare il controllo della costituzionalità delle leggi, dal momento che loro erano deputati ad interpretare le norme ed applicarle nel caso concreto. In queste condizioni, scaturì da questa sentenza l’inizio dello sviluppo del sistema di controllo giudiziario della costituzionalità delle leggi, denominato anche controllo diffuso.  È importante rilevare che non fu il giudice John Marshall, il primo a considerare che il controllo di costituzionalità delle leggi doveva essere attuato da tutti gli organi del Potere Giudiziario, infatti, come già è stato detto, sarà durante il dibattito della Convenzione Costituente ed anche durante i dibattiti delle Convenzioni Statali per ratificare la Costituzione, che prevalse chiara l’idea che gli eventuali eccessi del potere legislativo dovevano essere accertati dal potere giudiziario. Al riguardo, James Grant avverte che lo stesso Congresso, nella Legge Organica dei Tribunali, Judiciary Act del 1789, aveva riconosciuto il diritto ai Tribunali, sia quelli statali che quelli federali, di porre in dubbio la questione di legittimità di un trattato o di una legge, avvertendo che se un Tribunale dello Stato dichiarava incostituzionale tale trattato o statuto, la sentenza di merito, eccetto che fosse stata revocata dalla Corte Superiore Statale, poteva essere esaminata di nuovo e poi annullata, od eventualmente sorretta dalla Corte Suprema degli Stati Uniti. Per questi motivi, sono stati i Tribunali inferiori federali, i primi a rifiutarsi di porre in vigore una legge del Congresso perché la valutavano incostituzionale, è non solo la Corte Suprema. Infatti, nel merito si trattava di una legge approvata nel 1792, che ordinava ai Tribunali Circoscrizionali ed a quelli di Turno Circuit Courts di pronunciarsi sul caso di certe domande sulla pensione di invalidità subordinate all’esame del Segretario di Guerra ed, anche dal Congresso. In quest’ordine de idee, si può affermare che nei primi dodici anni, il Tribunale Supremo degli Stati Uniti, diede avvio alla prassi della judicial review, ma, senza che fosse stata dichiarata la dottrina su cui questa si fondava, ed anche, senza legittimare o motivare costituzionalmente tale funzione, questo avverrà solo con la sentenza del Tribunale Supremo, presieduto dal giudice John Marshall, nel famoso caso Marbury v. Madison nel 1803, con la quale ebbe inizio ufficialmente la giustizia costituzionale, poiché con questa si stabilirono i suoi lineamenti, abilitando tutti i giudici americani a interrompere l’applicazione di una legge approvata dal Congresso, quando avessero valutato che la stessa fosse contraria alla Costituzione, considerando che essa è la Legge Suprema della Nazione. Al riguardo v. J. A.GRANT, El control jurisdiccional de la constitucionalidad de las leyes. Una contribución de las Américas a la Ciencia Política, cit., pp. 33 ss; R. GARGARELLA, La justicia frente al gobierno. Sobre el carácter contramayoritario del poder judicial, Ariel, Barcelona, 1996, pp. 44 ss.; F. FERNÁNDEZ SEGADO, La Evolución histórica y modelos de control de constitucionalidad, in D. GARCÍA BELAÚNDE e F. FERNÁNDEZ SEGADO, La jurisdicción constitucional en Iberoamérica, Dykinson, S.L., Madrid, 1997, pp. 57 ss; v. ugualmente Paul, Processes of constitutional decisionmaking: cases and materials, Little, Brown, Boston, 1992, pp. 50 ss, con trad. sp. in Revista Mexicana de Derecho Público, Tomo I, pp. 317 ss.; P. COSTANZO, Testi normativi per lo studio del diritto costituzionale italiano ed europeo, Octava Edizione, Giappicheli, Torino, 2007, pp. 1042 ss; F. SORRENTINO, Le garanzie costituzionali dei diritti, Seconda Edizione, Giappichelli, Torino, 1998, pp. 231 ss.

[15]V. A. PIZZORUSSO, Voce Giustizia costituzionale (diritto comparato), pp. 672 ss.

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