I PROVVEDIMENTI DAVANTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA: YULHMA V. BALDERAS ORTIZ.
I PROVVEDIMENTI DAVANTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA
di Avv. Yulhma V. Balderas Ortiz
Dottore di ricerca in Diritto pubblico, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Rispetto alle decisioni che possono essere adottate dalla Corte costituzionale, l’articolo 136 della Costituzione è particolarmente sintetico, infatti esso si limita a disciplinare le sentenze di accoglimento, vale a dire quelle decisioni con cui viene dichiarata la illegittimità di una norma. Per il resto l’articolo 137 della Carta costituzionale, rinvia alla successiva legislazione e fissa tuttavia l’importante principio della non impugnabilità della sentenza[1].
Le decisioni della Corte costituzionale possono assumere la veste formale di sentenze, ordinanze e decreti. Al riguardo, l’articolo 18 della Legge n. 87 del 1953[2] dispone che la Corte “giudica in via definitiva con sentenza. Tutti gli altri provvedimenti, di sua competenza sono adottati con ordinanza. I provvedimenti del Presidente sono adottati con decreto”.
Le sentenze e le ordinanze sono adottate dalla Corte collegialmente, i decreti sono adottati esclusivamente dal Presidente[3].
Nell’ambito delle decisioni del giudice costituzionale è possibile distinguere tra i provvedimenti c.d. interlocutori, le decisioni processuali e le decisioni di merito. I provvedimenti interlocutori sono quelle decisioni che non pongono fine al rapporto processuale che si svolge davanti alla Corte, la quale non si spoglia, neppure in via temporanea, del procedimento di sua competenza.
Rientrano in questa categoria di decisioni i decreti con cui il Presidente della Corte dispone la pubblicazione dell’ordinanza nella Gazzetta ufficiale, nomina il relatore, convoca la Consulta in adunanza pubblica o in camera di consiglio, rinvia a nuovo ruolo le cause fissate, nomina un nuovo relatore, riduce (fino a dimezzarli) i termini processuali, dispone di procedere alla riunione di cause connesse per essere risolte attraverso una sola pronuncia[4].
Fra altri provvedimenti interlocutori si possono ricordare le ordinanze c.d. dibattimentali (adottate in udienza e sottoscritte dal solo Presidente) con le quali la Consulta si pronuncia circa la ammissibilità delle richieste di costituzione nel processo costituzionale delle parti del giudizio a quo, del Presidente del Consiglio dei ministri, o di soggetti terzi o sulla ricevibilità di atti; le ordinanze sul rinvio della questione a nuovo ruolo a seguito della cessazione dalla carica e dall’esercizio delle funzioni di un giudice costituzionale, il quale aveva fatto parte del collegio giudicante all’udienza pubblica, in cui la causa era stata discussa, in applicazione del principio di immutabilità del collegio; le ordinanze di rinvio della causa alla pubblica udienza, in quanto dopo essere stata assegnata alla camera di consiglio, a seguito di un più approfondito esame, ritiene di escludere che questa possa essere decisa nel senso della manifesta infondatezza, come invece era sembrato in un primo momento; le ordinanze che dispongono mezzi istruttori; le ordinanze di c.d. autorimessione, con cui la Consulta solleva, nella veste di giudice a quo, davanti a sé medesima, una questione di legittimità costituzionale; infine, le ordinanze per cui si chiede al giudice a quo di rimediare ad errori da questo compiuti nella notifica dell’ordinanza di rimessione[5].
Inoltre, si devono annoverare le ordinanze di natura cautelare indirizzate alla sospensione di un atto. Tali ordinanze sono previste, nei conflitti interorganici dall’articolo 40 della Legge n. 87/1953 e nei giudizi in via di azione dall’articolo 35 della legge[6] sopracitata, quando sussista un rischio di irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico, all’ordinamento giuridico della Repubblica, ovvero il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini[7].
Tuttavia, è da rilevare che gli articoli 24 e 29 della Legge n. 87/1953[8], prevedono una serie di eccezioni alla regola disposta dall’articolo 18 della legge sopracitata. E’ possibile, infatti, chiudere in via definitiva il giudizio, tramite le ordinanze di manifesta infondatezza e di quelle di restituzione degli atti al giudice a quo per ius superveniens. Ed ancora, la giurisprudenza costituzionale prevede diversi tipi di ordinanze che definiscono il processo e che consistono in decisioni di natura processuale, ovvero le ordinanze di manifesta inammissibilità o quelle di manifesta improponibilità[9].
Infine, va ricordato che le ordinanze a norma dell’articolo 18, comma 4, della Legge n. 87/1953[10], devono contenere una succinta motivazione, eccezion fatta quando si tratta di ordinanze di manifesta irrilevanza o infondatezza, in cui è richiesta una adeguata motivazione ai sensi dell’articolo 24, della legge sopracitata. Le ordinanze generalmente vengono adottate in camera di consiglio, senza la presenza delle parti, che, pero hanno facoltà di presentare memorie.
NOTE:
[1]Cfr. S. M. CICCONETTI, Lezioni di giustizia costituzionale, cit., p. 72.
[2]V. l’articolo 18, della legge n. 87, del 11 marzo 1953 in M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 30.
[3]Cfr. F. S. MARINI, G. GUZZETTA, Diritto Pubblico Italiano ed Europeo, cit., p. 517.
[4]Cfr. S. M. CICCONETTI, Lezioni di giustizia costituzionale, cit., p. 74.
[5]Ibidem, p. 125.
[6]V. M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 33 e 35.
[7]Al riguardo, F. S. MARINI, G. GUZZETTA (…) La disposizione ha suscitato delle perplessità nella dottrina sulla base dell’argomento che la legge ordinaria avrebbe introdotto una fattispecie di cessazione,s eppure temporanea, dell’efficacia della legge, non prevista e, perciò, non consentita dalla Costituzione. In senso contrario, si può però argomentare che è proprio la differenza tra l’istituto della sospensione e quella della cessazione di efficacia a giustificare l’ammissibilità della prima, la quale, lungi dall’interrompere in via definitiva la capacità dell’atto normativo di produrre i propri effetti, si limita – in via cautelare e solo in casi determinati – a prevenire il pericolo di conseguenze irrimediabili. Il primo tentativo di applicazione delle sospensione con riferimento alle leggi sul condono edilizio si è, comunque, chiuso con la rinuncia delle parti alla sospensiva (e la corte né ha preso atto con l’ordinanza n. 116/2004)” (qui riportato quasi testualmente). V. Diritto Pubblico Italiano ed Europeo, cit., p. 519.
[8]V. M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 38 ss e 40 ss.
[9]Cfr. F. S. MARINI, G. GUZZETTA, Diritto Pubblico Italiano ed Europeo, cit., p. 518.
[10]V. M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 30 e 33.