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L’ORIGINE E I MODELLI DELLA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE: YULHMA V. BALDERAS ORTIZ.

L’ORIGINE E I MODELLI DELLA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE  

di Avv. Yulhma V. Balderas Ortiz
Dottore di ricerca in Diritto pubblico, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Nella democrazia ateniese [1] e nel diritto romano [2] ci sono stati dei primi tentativi di sindacato degli atti dei pubblici poteri [3]. Nel Medioevo, erano diffuse forme di controllo sul contenuto delle leggi, infatti, si ammetteva la possibilità doverosa, che gli studiosi della dottrina giuridica accertassero che le leggi e le consuetudini fossero conformi alla razionalità del sistema e in applicazione del principio jus naturalis, injusta est, nec habet vim obligandi [4]. Invero, questi sono precedenti molto lontani dal controllo di costituzionalità com’è concepito oggi, giacché sino alle forme di Stato assoluto del XVIII secolo, il diritto era visto come una possibile forma di limitazione del potere del governo, per cui, i limiti al potere sovrano assumevano carattere prevalentemente politico e morale, quindi, tali limiti erano indirizzati solo ad assoggettare anche lo stesso monarca all’osservanza del diritto in nome della legalità. Con l’emergere del principio della divisione dei poteri, sulla base della teorizzazione di Locke e Montesquieu [5], il limite stabilito al potere legislativo è stato rinvenuto nell’attribuzione dei diversi poteri sovrani a organi separati e indipendenti, piuttosto che in un controllo giudiziario delle leggi.

Il presupposto teorico del controllo di costituzionalità delle leggi – come è inteso oggi – va cercato nelle costituzioni rivoluzionarie americana e francese [6], infatti, è nella seconda metà del XVIII secolo, che iniziano a delinearsi i presupposti affinché di giustizia costituzionale in senso proprio si possa cominciare a parlare, ed in particolare è nel contesto del dibattito che si sviluppa attorno al testo della Carta statunitense del 1787 che affiora per la prima volta l’idea di un controllo sulla conformità delle leggi ai superiori principi contenuti nelle Costituzione. In questa direzione sono importanti alcuni elementi teorici fondamentali già acquisiti dalla cultura anglosassone dell’epoca, quali la matrice giusnaturalista della Costituzione nordamericana e l’affermazione del principio montesquieuiano della separazione dei poteri statuali: la prima, infatti, concorre all’elaborazione del concetto di costituzione quale legge fondamentale, in considerazione del suo contenuto, che recepisce i diritti di natura della persona umana sancendo la loro intangibilità e incompribilità ad opera dei pubblici poteri, ivi compresa l’attività del legislatore; il secondo determina invece la capacità di riconoscere la differenza che corre tra potere costituente, capace di dar vita ad una costituzione, ed il potere costituito, nell’ambito del quale è possibile collocare sia il potere giudiziario, sia quello esecutivo, ma anche quello legislativo, sottomesso al pari degli altri al potere costituente, e quindi non in grado di apportare modifiche alla costituzione vigente, almeno attraverso la legge ordinaria.

In queste circostanze, la Costituzione assume il significato di una norma costitutiva e regolatrice della vita politica associata, in forma di patto sociale e come una legge fondamentale in grado di conformare l’intera vita costituzionale [7]. Per questo, emerge naturalmente l’esigenza di un sistema di giustizia costituzionale, cioè, di un controllo operato da un organo indipendente dalle forze politiche, chiamato a dirimere le controversie tra i diversi organi dello Stato, e sindacare che le leggi siano conformi alla Costituzione. Basterà attendere pochi anni affinché la Corte Suprema nordamericana, direttamente prevista in Costituzione ma con un ruolo e con funzioni assai diverse da quelle che eserciterà in seguito, riesca a elaborare quello che è unanimemente riconosciuto come il primo dei modelli di giustizia costituzionale, capace di influenzare grandemente tutta l’elaborazione successiva e di influire anche sulla configurazione in Italia e in Messico di un organo che abbia, tra le sue attribuzioni fondamentali, proprio quella di controllare la costituzionalità delle leggi.

NOTE:

[1]Ad esempio, si pensi, nell’antica Grecia, all’istituto della graphé paranomòn o, nello stesso periodo nell’Italia meridionale la Magna Graecia, al caso rimarchevole di una norma elaborata dal celebre legislatore regino Caronda, per il quale: “Chiunque vorrà proporre la correzione di qualche legge, facendone la proposta dovrà tenersi un laccio alla gola, ed in questa attitudine aspettar la deliberazione del popolo; affinché, se le correzione verrà ammessa, egli possa partirsi libero, e se sarà rifiutata, sia immantinente strangolato con quel laccio”. Entrambi gli esempi si possono considerare come una forma estrema di garanzia della “rigidità” delle norme fondamentali, ancorché “aggravata” non sia qui la procedura di revisione ma gli esiti negativi della stessa. Più frequenti e significativi sono però i casi di pura e semplice difesa della legge superiore slegata da un vincolo, più o meno diretto, con la volontà popolare. Si pensi, ad Atene, alla Boulé, ossia al Consiglio dei 400 (poi divenuti 500) cittadini esclusivamente estratti a sorte (quindi non eletti), istituita da Solone – secondo Plutarco – proprio per contrapporre un freno all’assemblea popolare, che aveva funzioni legislative; o ai 7 magistrati speciali, che gli ateniesi chiamavano “guardiani delle leggi”. A Sparta, poi, istituiti da Licurgo, esistevano gli “efori” della Costituzione, il cui compito era appunto quello di preservare (invero talvolta in modo autoritario) le norme fondamentali della città-stato. Dunque, già nel mondo greco l’assemblea popolare “ecclesìa” aveva il potere di redigere atti normativi psefìsmata, ma doveva fare in modo – pena le diverse sanzioni ricordate – che essi non fossero in contrasto con le norme costituzionali “nomoi”, risultando in tal modo l’idea della legge superiore coincidente con quella di norme, spesso implicite, che appunto senza essere scritte, recano come universale sanzioni il disonore. Al riguardo v. P. RIDOLA, Preistoria, origini e vicende del costituzionalismo, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI, Diritto costituzionale comparato, cit. pp. 23 ss.

[2]L’idea che una norma ingiusta non è legge, si rafforzerà nel mondo romano sotto forma di lex naturalis, a cui non si può derogare, né può essere abrogata. Infatti, secondo Cicerone non si poteva esserne svincolati né per ordine del senato, né per volontà del popolo.

[3]È importante rilevare che, tuttavia, l’idea più generale che, in qualunque sociale organizzato, le norme che ne regolano la vita comune possano e debbano essere soggette a un controllo rispetto a un parametro superiore, una legge superiore, che – in altri termini – accanto e al di sopra delle leggi esista una legge superiore, è antica quanto l’uomo: è notissimo che già le tavole (10 comandamenti) di Mosé rispetto alle innumerevoli norme della legislazione ebraica, la stessa idea greca di un ordine superiore (nomos) da non violare e, poi, la diffusione della nozione romana di una lex naturalis confermano la costante esigenza, accanto al principio di sovranità popolare, di un parametro più alto: le leges legum che di solito coincidenti con il diritto naturale e lo ius gentium.

[4]Nel Medioevo si porterà alla tesi – che preclude al diritto di resistenza – secondo cui la legge che contrasti con lo lus naturali, injusta est, nec habet vim obligandi. Per cui, ad eccezione dell’ordinamento inglese – del tutto peculiare e rimasto pressoché isolato (poiché, non essendo mai esistita nel Regno Unito una Costituzione stricto sensu, nemmeno poteva esistere una giustizia costituzionale stricto sensu) – l’evoluzione storica vede un simultaneo cammino percorso dalle due idee, qualificabili l’una come il principe (Costituzione) e l’altra come il suo inseparabile scudiero (giustizia costituzionale). Al riguardo v. P. RIDOLA, Preistoria, origini e vicende del costituzionalismo, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI, Diritto costituzionale comparato, cit. pp. 26 ss.

[5]Cfr. V. SANSONETI, Introduzione allo studio del diritto costituzionale, Nicola Jovene Libraio-Editore, Napoli, 1872, pp. 315 ss; A. GALANTE GARRONE, Profilo della Costituzione, cit., pp. 142 ss.

[6]Sulle costituzioni rivoluzionarie in Francia v. P. RIDOLA, Preistoria, origini e vicende del costituzionalismo, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI, Diritto costituzionale comparato, cit. pp. 38 ss; E. GROSSO, La Francia, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI, Diritto costituzionale comparato, cit. pp. 158 ss.

[7]V. P. RIDOLA, Preistoria, origini e vicende del costituzionalismo, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI, Diritto costituzionale comparato, cit. pp. 34 ss.

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